” NON CE LA FACCIO PIU’ “
Per Mertesacker (29/9/1984) è un calciatore tedesco, difensore della Nazionale e dal 2011 in forza all’Arsenal, squadra londinese del quartiere di Holloway. Prima di approdare ai Gunners matura esperienza in Bundesliga, giocando per l’Hannover 96 e successivamente per il Werder Brema, squadra trampolino di lancio per la Premier League. A maggio terminerà la sua carriera, dopo circa 400 partite di club e più di 100 presenze con la maglia della Nazionale con cui ha collezionato anche 4 reti. Sono dati che parlano chiaro e non lasciano dubbi sulle spiccatedoti tecniche ma soprattutto fisiche dell’atleta tedesco (1.98cm x 90kg),e il Palmares lo conferma: dal 2006 Mertesacker ha collezionato una Coppa di lega Tedesca, una DFB-Pokal, una Supercoppa di Germania, 3 volte vincitore dell’FA Cup Inglese e del conseguente FA Community Shield. Ciliegina sulla torta la Coppa del Mondo del 2014, con la sua Germania. Si è sempre distinto come un atleta corretto, ammonito solo sporadicamente sebbene il ruolo non lo aiuti.
Negli ultimi giorni il calciatore ha rilasciato un intervista al giornale tedesco Der Spiegel e ciò che incuriosisce sono le dichiarazioni circa le difficoltà sul suo lavoro. Dal sollievo per l’eliminazione dopo Germania-Italia al Mondiale casalingo del 2006, fino a preferire la panchina se non addirittura la tribuna con i Gunners. “ Con la partita d’addio sarò finalmente libero”. Per Mertesacker ha infranto un tabù, ha descritto le sue sensazioni riconoscendo i privilegi del suo lavoro ma evidenziandone anche i cosiddetti difetti, esprimendo il concetto di peso, fisico e mentale. La tensione, dice, è difficile da sopportare. “Il mio stomaco è sottosopra come se dovessi vomitare, il respiro affannoso e gli occhi lucidi”. Mascherava i conati di vomito girando sempre la testa di lato, avvicinando la spalla al mento, in modo che nessuno notasse nulla.
Dichiarazioni che nel mondo calcistico pesano, e se da un lato molti lo lodano per aver espresso idee e emozioni di una non trascurabile parte di atleti professionisti, altri sono indignati.
Lothar Matthaus, allenatore ed ex calciatore tedesco di Bayer Monaco ed Inter, vincitore dell’Europeo ad Italia ’80 e del Mondiale sempre in Italia dieci anni più tardi, lo critica duramente: “ io mi deprimevo quando ero infortunato o quando non giocavo”. Dal canto suo, il calciatore prova nausea prima del calcio d’inizio e uno dei motivi a cui riconduce tale sensazione è lo stress provocato dalla costante valutazione esclusiva della prestazione:” I giocatori vengono valutati solo per le prestazioni”-“ Non giochi più per divertirti,devi rendere,rendere sempre e comunque”. “Spesso secondo me gli infortuni sono mentali. Ogni volta che arrivavo al limite mi facevo male. Diciamo che è un po’ come se il corpo aiutasse l’anima”. La dichiarazione di Mertesacker ipotizza una correlazione tra stress e infortuni: “ Sono arrivato al limite. Mi dicono tutti che essendo il mio ultimo anno devo dare il massimo, ma io non ce la faccio più”. Sono questi probabilmente i motivi che hanno spinto il forte difensore ad appendere gli scarpini al chiodo senza però abbandonare definitivamente il mondo del calcio. Rimanendo all’interno del club, lavorerà assieme all’Accademia dei Gunners, con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a vivere serenamente lo sport.
-Dal calcio al rugby, da un gigante all’altro, da Per Mertesacker a Sam Warburton-
Sam Warburton (5/10/1988) capitano dei Cardiff Blues, Galles e British and Irish Lions
‘Ho una figlia – pensavo – e voglio continuare a tenerla in braccio e andare al mare con lei. Dubitavo di poter continuare a giocare’. Cambiano il contesto e le parole ma preoccupazione e stress rimangono saldi nelle menti di atleti di alto livello, anche di altre discipline. Stiamo parlando di Sam Warburton, leggenda del rugby gallese, capitano dei Dragoni con cui vanta più di 70 caps. Il timore per l’esito dell’ultima operazione al collo ha minato profondamente la sicurezza acquisita negli anni. Il corpo risponde male e lo spirito reagisce di conseguenza. Passano le settimane, il dolore scompare. Nel frattempo, la revisione del gigante dei Blues (1,88 x 99 kg) rimette a nuovo anche il ginocchio. ‘Ora ne ho uno nuovo, mi sento benissimo’, sorride. Il fisico risponde. E così la testa. ‘Sono arrivato alla conclusione che il mio spirito non era ok perché non lo era il mio corpo’.
Gli infortuni fanno parte della vita sportiva di un atleta e sono riconducibili a fattori di natura fisica, a errori di programmazione e soprattutto a fattori di natura psicologica spesso ignorati o considerati superflui. Lo stress è uno di questi e ne esistono diversi tipi: ad esempio, la prestazione, il rapporto con l’allenatore e i compagni, i segnali del proprio corpo. Tuttavia essi possono essere interpretati come stimoli positivi e non come fonti di disagio. Per affrontarli nel modo giusto, la persona deve ricorrere alle proprie capacità, in termini sia di fattori interni come la motivazione che lo ha spinto ad intraprendere l’attività e l’autoefficacia, sia a fattori esterni come le tecniche di gestione efficace dello stress e dell’ansia. Le fonti di stress dunque sono tantissime come descritto da Janke (ambiente,sonno,insuccessi,conflitti,isolamento sociale,incertezza) e una delle risposte psicologiche suscitata dalla maggior parte degli stressor è l’ansia. Molte delle modalità di fronteggiamento dello stress sono mirate proprio a ridurre l’ansia che può essere tanto intensa da divenire a sua volta una fonte di stress.
Le dichiarazioni di Mertesacker e Warburton rispecchiano quanto viene espresso da Tamorri,Benzi e Reda (2004) e cioè che un alto livello di stress può essere strettamente correlato all’insorgenza di infortuni. Le motivazioni principali secondo gli autori sono 3:
• affaticamento fisico e muscolare: Quando si genera un alto livello di stress il nostro organismo si attiva e si producono una serie di processi come respirazione più frequente, battito cardiaco più veloce, contrazione muscolare. Questi processi sono utili per reagire ad una situazione di pericolo (es: scappare da una tigre), ma se vengono protratti nel tempo portano ad un affaticamento generalizzato del corpo e ad un’incapacità di recuperare dagli sforzi prodotti. Un atleta stressato avrà durante la giornata i battiti leggermente più alti, respirerà più velocemente e i suoi muscoli saranno generalmente più contratti. Quando tornerà da un allenamento sarà inoltre più difficile distendere i muscoli, far scendere il battito e rilassare la respirazione. Anche il sonno sarà meno ristoratore. Viene da sè che una situazione come questa è il contesto in cui è più facile che si generi un infortunio.
• difficoltà a focalizzare l’attenzione: per un atleta stressato mantenere l’attenzione ad un livello elevato sarà un compito più gravoso, mentre sarà facile distrarsi. Gli stimoli non necessari entreranno con semplicità nel suo campo attentivo, distogliendolo dagli aspetti importanti. Durante una corsa a piedi sarà per lui più complicato accorgersi di quando il suolo sia sconnesso o, durante una partita di calcio, entrerà sul pallone scomposto. Anche se si sforzerà di mantenere la concentrazione, potrà bastare uno stimolo negativo come un messaggio dagli spalti o un pensiero negativo per far crollare la sua attenzione. Anche in questo caso è palese come questo sia un fattore fortemente connesso al presentarsi di infortuni.
• riduzione del campo visivo: quando viviamo un periodo di stress il nostro campo visivo si restringe e le informazioni visive contenute nelle parti esterne del nostro campo non ci possono più essere d’aiuto. Un ciclista stressato, ad esempio, sarà quindi più soggetto a cadute in gruppo, perchè coglierà con maggiore difficoltà utili informazioni visive.
Alla luce di questo possiamo affermare che per raggiungere la prestazione massimale è necessario che mente e corpo siano coordinati, siano un tutt’uno. L’allenamento mentale di un atleta è quindi una componente essenziale dell’allenamento sportivo. Senza dubbio si può affermare che un atleta che alleni solo la parte fisica delle sue competenze di performance raggiungerà risultati parziali.
L’ANSIA E’ LO SPAZIO TRA “ADESSO” E “POI”
Il centro Cisspat Lab mette a disposizione degli atleti strumenti e tecniche per fronteggiare situazioni di stress e ansia e ne monitora l’andamento, partendo dal presupposto di non dare nulla per scontato, sopratutto quando si parla di debolezza o fragilità emotiva. L’eccellenza, l’attitudine e la costanza sono abilità che a volte, quando guardiamo i grandi campioni, passano in secondo piano. Essere performanti a livello fisico implica necessariamente stabilità e forza mentale, per poter replicare la prestazione tenendo alta la qualità per un lungo periodo di tempo, ed è su questo che si basa l’intervento di consulenza sportiva fornito dal centro Cisspat Lab: allenare la coordinazione mente-corpo (come gestione efficace di stress e ansia) tramite esercizi di training autogeno e tecniche di rilassamento, con l’obiettivo di migliorare la performance e prevenire gli infortuni.
Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla.
(Pierre de Coubertin)
Articolo a cura del Coach Tommaso Beraldin collaboratore CISSPAT LAB.
Direttore CISSPAT LAB Dott. Bargnani Alessandro.
Bibliografia:
Lazarus, R. S., & Folkman, S. (1987). Transactional theory and research on emotions and coping. European Journal of personality,
Tamorri, S., Benzi, M., Reda M.A., (2004), Psicologia del rischio d’infortunio nello sport: rewiew e studio di una casistica di atleti agonisti nel rugby, Italian Journal of Sport Sciences.
https://www.stateofmind.it/2017/05/sport-stress-aspetti-psicologici/
www.rugbymercato.it/’Non volevo più giocare a rugby e placcare’/
www.gazzetta.it/ Arsenal,Mertesacker: ” Non ce la faccio più”/